E’ un povero Cribbio figlio di Diaz, ma la legge è uguale per tutti

L’ARTICOLO 724 DEL CODICE PENALE

Comma primo, versione originale (1930):

«Chiunque pubblicamente bestemmia, con invettive o parole oltraggiose, contro la Divinità o Simboli o le Persone venerate nella religione dello Stato è punito con l’ammenda da lire ventimila a seicentomila».

Comma primo, come modificato dalla Sentenza della Corte Costituzionale n. 440 (1995):

«Chiunque pubblicamente bestemmia, con invettive o parole oltraggiose, contro la Divinità è punito con l’ammenda da lire ventimila a seicentomila».

Comma primo, come modificato dal Decreto Legislativo n. 507 (1999, versione vigente):

«Chiunque pubblicamente bestemmia, con invettive o parole oltraggiose, contro la Divinità è punito con la sanzione amministrativa da lire centomila a seicentomila».

(dalle pagine sul reato di bestemmia dal sito dell’UAAR: http://www.uaar.it/laicita/bestemmia)

Il mondo del calcio continua a esplorare le frontiere del ridicolo: dopo la pesante squalifica per l’inusuale “segno della croce” di Mourinho, ieri sono cominciate a fioccare le espulsioni e le squalifiche per chi sui campi di calcio bestemmia (a meno che non se la prenda con quel povero Cribbio figlio di Diaz).

Andrea Debenedetti, sulle pagine del Manifesto, ha argutamente illustrato la Giurisprudenza del porco zio, sottolineando tra un frizzo e un lazzo l’assurdità di usare la prova televisiva per stabilire con l’approssimativa lettura del labiale se un calciatore ce l’aveva con l’Onnipotente o con suo zio (del calciatore, perché forse il regolamento tutela anche lo zio, dell’Onnipotente).

Anche a lui, però, è sfuggito un aspetto che a me pare importante sottolineare, anche alla luce del fatto che il giudice sportivo è per definizione un ex magistrato, e nella fattispecie Giampaolo Tosel ha diretto la Procura della Repubblica di Udine.

Se ha punito le bestemmie con la squalifica dal campo di calcio ma non ha contestualmente trasmesso una denuncia all’autorità giudiziaria – che suppongo sia tenuta a comminare la sanzione amministrativa ai sensi dell’articolo 724 del Codice Penale vigente – abbiamo un precedente importante, che di fatto sdogana la bestemmia nella vita quotidiana.

Se invece l’ha fatto, gli italiani scopriranno che la bestemmia – a quei ricconi di calciatori – costa “appena” 300 euro.

Molto meno che un vaffanculo all’arbitro.

Requiem laico, con musica corale

Oggi sono stato ancora una volta a cantare in una Chiesa con gli amici del coro.

Ancora una volta per un lutto che ha colpito il nostro coro: se n’è andato il papà di Rossana, un’amica con cui canto da anni. Lo avevo visto solo una volta, brevemente, quando era venuto a prendere il climatizzatore portatile che prestavamo a Rossana per aiutarla a sopportare il caldo estivo a fine gravidanza, qualche anno fa. Insomma, non lo conoscevo. Però in Chiesa, mentre cantavamo un Requiem barocco cubano del nostro repertorio e poi un brano brasiliano che festeggia l’ingresso in paradiso di un fratello morto in mare, non ho trattenuto le lacrime. Lo stesso con Oce Nasc, il Padre Nostro in russo.

Certo, ho pensato a mio papà, che se n’è andato troppo presto, senza avere l’occasione di conoscere le nipotine, ma non era solo quello.

Ero in chiesa, eravamo in chiesa per un funerale, e pensavo alla morte. E a Dio. E alla musica.

E mentre mi sforzavo di cantare bene, a dispetto della voce rotta, ripensavo alla battaglia dell’UAAR per il commiato laico. E mi dicevo che sì, è fondamentale, ma in effetti le chiese sono belle quando chi le occupa e le tiene vive lo fa con umanità, ed è capace – come il prete che ha preso brevemente la parola stamattina – di affiancare un brano della liturgia classica a una citazione molto bella di Luigi Pintor. E riesce a far sentire tutti parte della stessa umanità, ciascuno con le proprie sfumature.

E mi dicevo che di persone così Dio, se esiste, può andare fiero.

E ripensavo con tristezza all’altra occasione recente in cui ho pianto cantando in una chiesa, quando nel celebrare la morte di Paolo, un compagno di coro colpito da una brutta malattia neurodegenerativa, ci è toccato ascoltare il suo “padre spirituale” usare nei suoi confronti un tono e termini non solo impietosi ma offensivi. Pare che in quella comunità di cattolici un po’ particolari si usi così, ma secondo me di persone come quella lì Dio, se esiste, non ha una grande opinione.

E pensavo che certi luoghi, specie in certi momenti, hanno la capacità di rendere la musica ancor più potente. Sta poi a chi quei luoghi li frequenta, e magari si assume l’onore e l’onere di rappresentare in terra qualcosa di ultraterreno, far sì che quel potere sia usato e non abusato.

Ma la musica è parte della tradizione religiosa sempre e comunque, persino quando è musica di modesta qualità eseguita malamente. Come alla recità di Hanukkà alla scuola di mia figlia, in cui mi è stato chiesto di cantare nel coro dei genitori, e io ho accettato per fare piacere a mia figlia e alle sue insegnanti e perché serviva qualcuno che cantasse,  e io lo so fare benino. Che si trattasse di invocazioni e di benedizioni, per me, era secondario: il pubblico in sala poteva viverlo come un atto religioso, ma per me il mio era un atto di servizio alla comunità (fra l’altro ero l’unico uomo, e non avevo neppure la kippà “d’ordinanza”).

Quando alla fine un’amica mi ha chiesto scherzando se allora mi ero convertito ho provato a spiegarle che il mio era un gesto laico, ma non so se ha capito.

Ha invece capito, o forse ha creduto di capire, la mia battuta sul fatto che non credo che Dio esista, ma credo che se esiste non sta a guardare se uno ha rispettato le regole religiose, si è fatto circoncidere o si fa sempre il segno della croce e si confessa regolarmente…

Dio, se esiste, è capace di valutare su ben altre basi quelli da accogliere in Paradiso a cantare insieme a lui.

Ad ogni modo alla prima occasione le farò leggere questo meraviglioso testo di Giulio Mozzi (tratto dal volume Il culto dei morti nell’Italia contemporanea, scaricabile in pdf dal sito dell’autore) che ho conosciuto grazie all’amico cantante, mimo, acrobata, attore e tanguero Sergio Paladino, che pure ha condiviso il coro per molti anni.

Invocazione (Giulio Mozzi)

in memoria di Eros Alesi

Tu che esisti: tu che non esisti: tu che puoi essere pensato solo come esistente: tu che solo a pensare che esisti fai impallidire tutto l’esistente: tu che sei molto resistente.
Tu che sei nella storia: tu che guidi la storia: tu che da molto tempo sei sparito dalla storia: tu che sei nel tempo fuori della storia: tu che tutte le storie sono la tua storia: tu che sei sempre stato tutta un’altra storia.
Tu che sei il dio del principio e della fine: tu che per te il tempo è solo una vacanza dall’eternità: tu che non si è mai capito cosa combinassi prima di creare il mondo e il tempo: tu che non si è mai capito perché dopo aver fatto il mondo e il tempo dovresti disfarli e ripristinare l’eternità.
Tu che sei il dio che parla: tu che sei il dio muto: tu che hai una risposta per tutti: tu che non hai mai risposto a nessuno: tu che forse ti parli e ti rispondi da solo: tu di cui noi parliamo e ci rispondiamo da soli.
Tu che ci hai creati a tua immagine e somiglianza: tu che noi abbiamo creato a nostra immagine e somiglianza: tu che non ci somigli affatto a causa della tua solitudine: tu cui noi non somigliamo affatto a causa della nostra moltitudine: tu che forse ci hai creati solo perché volevi un po’ di compagnia: tu che forse quella che ti abbiamo data non era poi della migliore: tu che in fondo è colpa tua se noi siamo qui.
Tu che sei dovunque: tu che non sei da nessuna parte: tu che sei nell’alto dei cieli: tu che sei nel profondo delle nostre coscienze: tu che per noi sei in tutti gli altri: tu che per tutti gli altri sei in noi: tu che ti ritiri da tutti i posti nei quali ti cerchiamo: tu che ci siamo anche stufati di cercarti: fatti un po’ vedere.
Tu che ti sei ritirato dai cieli: tu che ti sei ritirato dalle stagioni: tu che ti sei ritirato dai campi e dalle acque: tu che ti sei ritirato dalle piante e dagli animali: tu che ti sei ritirato dagli idoli: tu che ti sei ritirato dalle edicole agli angoli delle strade: tu che batti in ritirata da secoli: tu che noi ti inseguiamo ma la tua ritirata è straordinariamente veloce: tu che noi disprezziamo come un dio codardo che si ritira: tu che in somma aspettaci: fermati.
Tu che difronte a Giobbe hai proclamata la tua incontrollabile potenza: tu che nel corpo morto del tuo preteso figlio hai dimostrata tutta la tua impotenza: tu che da duemila anni spacci per imminente l’esibizione della tua potenza: tu che ti aspettiamo ancora dopo duemila anni e siamo qui e la tua potenza non si vede. Tu che nei secoli ti sei travestito da giardiniere: da viaggiatore: da angelo lottatore: da cespuglio che brucia: da colonna di fuoco e fumo: da generale in battaglia: da falegname: da lingua di fuoco: da colomba: da grande vecchio con la barba bianca: tu che non si sa bene chi sei e che potresti essere chiunque: tu che pretendi di essere in chiunque: tu che chiunque non oserebbe pretendere di sentirti dentro di sé.
Tu il cui nome non può essere pronunciato invano: tu il cui nome appena sussurrato può salvare una vita: tu sul cui conto non si può dire niente di sensato: tu di cui non si fa che parlare: tu che con le tue parole e i commenti alle tue parole e i commenti ai commenti delle tue parole hai stracolmato le biblioteche: tu che forse esisti solo come una cosa della quale si parla da sempre: tu che sei solo parole.
Tu che sei la causa e il motivo di qualunque discorso: tu che sei grammatica e sintassi di qualunque frase: tu che ti annidi nelle congiunzioni e nelle interiezioni: negli avverbi e nei pronomi: nelle preposizioni semplici e in quelle articolate: tu che non sei mai nella sostanza del discorso: tu che sei sempre nello svolgimento del discorso: tu che sei il discorrere puro o almeno così si dice.
Tu che sei una grande storia: tu che sei una storia che è finita da un pezzo: tu che sei una storia interminabile: tu che sei stato portato dalla croce agli altari e dagli altari agli schermi: tu che sei stato cantato da tutte le voci: glorificato da tutte le orchestre: adorato in tutti i continenti: tu che sei di casa nelle dimore regali e presidenziali e dentro tutte le case dei più piccoli uomini: tu che sostieni di stare bene lì come qui.
Tu che puoi essere oggetto di qualunque discorso: tu che hai fabbricati tutti i discorsi: tu che hai reso vano qualunque discorso: tu che hai resa nota la vanità del tutto: tu che hai proclamato il valore assoluto di qualunque qualcosa: tu che forse sei una cosa: tu che forse non sei: tu che a questo punto non è molto importante se sei o non sei.
Tu che io sono qui e non ti vedo: tu che io un’altra volta ti ho visto: tu che io non so se credere a questa volta o all’altra volta: tu che io ti vorrei vedere un’altra volta: una buona volta.
Tu che sei da qualche parte dentro questa carne che mi circonda: tu che a crederti mi sei padre e madre e fratello e sorella: tu che grazie a te tutti noi ci siamo tutti padri e madri e fratelli e sorelle: tu che da quando ti conosco non hai fatto altro che incrementare il mio parentado: tu che io non mi sento tuo figlio o figlia o fratello o sorella: tu che sembri un incesto universale.
Tu che giochi crudelmente a nascondino: tu che godi ad essere cercato come i bambini che si nascondono sotto il divano: come coloro che sanno di essere desiderati e desiderano incrementare il desiderio: come le donne corteggiate che fanno le ritrose: come gli uomini corteggiati che fanno i veri duri: come colui che sente di esistere in quanto sente di essere desiderato: che tutti sanno che è una cosa infantile.
Tu che sei nudo e non hai nessuna vergogna della tua nudità perché la tua nudità è bellissima: tu che grazie alla bellezza della tua nudità la mia nudità è bellissima: tu che se è vero che ci hai creati ci hai creati nudi: tu che ci hai confezionati i nostri primi vestiti con le tue stesse mani: tu che ci darai un vestito di luce che sarà come non avere nessun vestito eppure sarà un vestito bellissimo: tu che così si dice, si dice, si dice, e non si sa.
Tu che io non so dove sei.

La matematica non è una religione

Se l’otto per mille equivale a un miliardo di euro, a quanto equivale il cinque per mille?

La matematica avrebbe una risposta, semplice: otto sta a un miliardo come cinque sta a x.

Per cui x = cinque miliardi diviso otto = seicentoventicinquemilioni.

Lira più lira meno.

Ma l’otto per mille è materia di Dio, per cui la risposta della matematica non conta. Conta la fede, anche per chi non ci crede, e sull’otto per mille non mette alcuna firma.

L’importante è che non sappia che i suoi soldi finiscono egualmente alla Chiesa Cattolica, mentre quelli che avrebbe voluto destinare al 5 per mille saranno in parte scippati dallo Stato (disonesto qui perché fin troppo generoso con le confessioni religiose).

Ecco il video che ho girato insieme al mio amico Alex Raccuglia, e con gli amici attori Olga Fioriti, Giorgio Arcari e Sergio Paladino (è la voce fuori campo), per la campagna informativa dell’UAAR, l’Unione degli Atei e Agnostici Razionalisti.

Per altre informazioni sull’uso effettivo dei soldi dell’otto per mille vi rimando al sito www.occhiopermille.it.

L’Abruzzo, le tasse, il governo e il gioco delle tre carte

In risposta all’emergenza per il terremoto in Abruzzo, il governo ha deciso di truffare i cittadini.

Tra i tanti meccanismi disponibili per finanziare rapidamente gli interventi di soccorso e ricostruzione ha optato per quello meno limpido, che gli permetterà di fare bella figura senza dover tirar fuori dalle proprie tasche un euro di più.

Nemmeno se gli italiani dovessero firmare tutti per dare la propria quota di 5 per mille all’Abruzzo.

La spiegazione è semplice: il meccanismo del 5 per mille è truffaldino: nel nome sembra dire che ogni cittadino può donare il 5 per mille delle proprie tasse a chi vuole, ma nei fatti non è così, perché da quando il meccanismo è stato istituito è stato messo anche un tetto. In pratica, talmente tanti cittadini italiani hanno firmato per associazioni e centri di ricerca (dall’AIRC a Emergency, dal WWF all’UAAR) che il governo ha deciso di non farcela a sostenere la spesa. Anche se i soldi erano – in teoria – quelli dei contribuenti. Per cui ha messo un tetto di spesa, che l’anno scorso era di 400 milioni.

Tutte le associazioni laiche di volontariato e per la tutela del patrimonio culturale e ambientale, per la ricerca scientifica e la promozione dello sport si spartiscono quella somma: 400 milioni (per capire se per il governo è una cifra piccola o grande, basta pensare che la decisione di non accorpare in un solo giorno le imminenti votazioni costerà circa 460 milioni, che il governo scialacqua senza problemi perché così gli dice di fare il calcolo politico di bottega).

Ma allora per finanziare l’Abruzzo si poteva fare diversamente? Ovviamente sì: oltre a decidere di accorpare le votazioni (risparmiando appunto 460 milioni circa), il governo poteva chiedere agli italiani di destinare la propria quota dell’8 per mille allo Stato, impegnandosi a spenderla per l’Abruzzo.

Per l’8 per mille – destinato alle attività sociali realizzate dalle confessioni religiose, o dallo Stato – con c’è tetto. In compenso c’è una truffa inversa, che funziona a favore di alcuni destinatari: l’intero 8 per mille del gettito fiscale italiano viene suddiviso tra varie confessioni religiose, a prescindere dal numero delle firme raccolte. In tutto è circa un miliardo di euro, che finisce all’87% in tasca alla Chiesa Cattolica, che ogni anno fa pubblicità martellanti. E in percentuale modesta allo Stato, che non chiede mai quella firma e soprattutto spende poi quei fondi in modo opinabile (spesso per la conservazione degli immobili della Chiesa Cattolica).

Sei italiani su dieci firmano per il 5 per mille, ma in tutto “assegnano” 400 milioni di euro.

Quattro italiani su dieci firmano per l’8 per mille, decidendo come assegnare un miliardo di euro.

Gli scopi sono in gran parte sovrapponibili, ma quando il destinatario è laico la somma si rimpicciolisce, e quando è religioso lievita (se si rifa la proporzione, si scopre che il 5 per mille in realtà corrisponde al 3 e spiccioli; o viceversa che l’8 cresce e supera il 12). Con in più un’aggravante: sul 5 per mille ciascuno decide solo per i propri soldi (e neanche tutti, a causa del tetto), mentre sull’8 per mille la somma viene assegnata comunque tutta, e le firme servono solo a decidere come dividerla: con il 36% circa delle firme, il Vaticano incassa l’87% circa di quel miliardo di euro.

Ora il governo poteva fare una cosa limpida, democratica: chiedere agli italiani di riequilibrare il meccanismo vergognoso dell’8 per mille, semplicemente dicendo che avrebbe destinato all’Abruzzo – quindi a scopi sociali – la quota assegnata allo Stato dai cittadini che finora non firmavano. I cittadini avrebbero poi deciso se darli all’Abruzzo o lasciare che la Chiesa se ne impossessasse come ha fatto finora, nel silenzio e nell’ignoranza generale.

Ma non l’ha fatto. Non l’ha fatto perché la Chiesa Cattolica si offenderebbe se qualcuno le facesse notare l’appropriazione indebita in atto da vent’anni (la legge prevede che l’importo sia adeguato ogni tre anni, ma gli incassi per l’8 per mille sono lievitati senza che nessuno facesse niente).

Al contrario, in ministro Tremonti ha offerto ai cittadini un’opzione di facciata: quel 5 per mille su cui conserva la leva del tetto, che tutto è tranne che democratico. Potrà sempre decidere che il tetto rimane lo stesso, per cui i soldi che vanno all’Abruzzo vengono sottratti a chi aveva deciso di destinarli alla ricerca sul cancro, o alla cura delle vittime di guerra, alla tutela del patrimonio ambientale e faunistico o alla causa della laicità.

C’è una sola parola per tutto questo: truffa.

Ateobus 2, il sequel

Visto che l’ateobus è in circolazione a Genova con un messaggio “di scorta”, perché quello originariamente approvato dall’UAAR è stato bocciato dalla concessionaria di pubblicità, e gli sforzi per trovare altre concessionarie di pubblicità in Italia disposte a diffonderlo sono risultati vani, sul sito dell’UAAR è stato lanciato un “concorso” informale per i nuovi slogan da far circolare sugli ateobus.

Ecco le mie due proposte:

Chi ha paura che Dio non esista?
(grande e in neretto)

La campagna goliardica con cui l’UAAR annunciava l’inesistenza di Dio è stata censurata, come se si trattasse di una verità pericolosa, da occultare.
(sotto, più in piccolo)

OPPURE

Dio non esiste
(grandissimo e in neretto)

secondo me
(subito sotto, in piccolo)

Campagna dell’Unione Atei e Agnostici Razionalisti
per ricordare che in base alla Costituzione Italiana
tutte le opinioni sull’esistenza di qualsivoglia divinità ultraterrena
hanno diritto di cittadinanza e sono egualmente legittime
(ancora più sotto, in corsivo)

La seconda proposta mette formalmente a tacere le contestazioni usate dalla IGP Decaux per bocciare la prima versione sulla base del famoso “codice di autodisciplina”:
«Tali messaggi devono riportare l’identità dell’autore e del beneficiario della richiesta, nonché l’obiettivo sociale che si intende raggiungere.
I promotori di detti messaggi possono esprimere liberamente le proprie opinioni sul tema trattato, ma deve risultare chiaramente che trattasi di opinioni dei medesimi promotori e non di fatti accertati».