Boffo: il cerchio si chiude (Marino stai attento!)

Una squallida e oscura vicenda si chiude con Berlusconi che come al solito spiega che tutti raccontano bugie tranne lui, e l’ormai ex-direttore dell’Avvenire – costretto alle dimissioni dal “killeraggio” a opera del direttore del Giornale di proprietà di Berlusconi, che Berlusconi ha appena nominato e che Berlusconi non ha né rimbrotatto né tantomeno licenziato (*) – che se ne va, distrutto, e andandosene a chi dà la colpa di tutto?

A “un opaco blocco di potere laicista”. Un vero capolavoro. Da giornalista con la schiena diritta.

Capisco che il giornale dei vescovi non può dire troppo esplicitamente chè è Berlusconi il mandante del killeraggio, perché ora la parola d’ordine è “trattare”, ma per rigirare così la frittata ce ne vuole proprio tanto di pelo sullo stomaco.

Chissà, magari tra qualche giorno qualche geniale esegeta della politica italiana (e delle sue bassezze) dirà che questa sporca guerra di dossier l’ha iniziata Ignazio Marino…

P.S. (*) E’ utile ricordare che cosa scrisse nell’editoriale di commiato Mario Giordano, lasciando obtorto collo a Vittorio Feltri la poltrona di direttore del Giornale: […] quello che fanno le persone dentro le loro camere da letto (siano essi premier, direttori di giornali, editori, ingegneri, first lady, body guard o avvocati) riteniamo siano solo fatti loro. E siamo convinti che i lettori del Giornale non apprezzerebbero una battaglia politica che non riuscisse a fermare la barbarie e si trasformasse nel gioco dello sputtanamento sulle rispettive alcove. […]

Informazione? No, meglio allusioni e mezze verità

La lettura di questo articolo di Giuseppe D’Avanzo su Repubblica conferma con dati di fatto concreti l’ipotesi che avevo letto sul blog Bioetica in un articolo di Giuseppe Regalzi secondo cui la misteriosa “nota” sarebbe un prodotto di chissà quale sottoscala sordido di chissà quale servizio segreto, ipotesi che mi era parsa molto verosimile.

Anche io avevo sentito puzza di dossier farlocco.
In modo probabilmente superficiale – e certo prevenuto – avevo però pensato che i fatti narrati fossero essenzialmente veri. Continuo a pensarlo, anche perché Boffo continua a non raccontare la sua versione sulla vicenda giudiziaria per chiudere la quale avrebbe pagato una cospicua multa, e questo silenzio rimane – ma solo dopo la lettura dell’articolo di Davanzo ho realizzato quanto lo scenario complessivo sia diventato incandescente.

L’evidenza sollecita qualche domanda preliminare: è vero o falso che Dino Boffo sia “un noto omosessuale attenzionato dalla Polizia di Stato per questo genere di frequentazioni”? È vero o falso che la polizia di Stato schedi gli omosessuali?

Sono interrogativi che si pone anche Roberto Maroni, la mattina del 28 agosto. Il ministro chiede al capo della polizia, Antonio Manganelli, di accertare se esista un “fascicolo” che dia conto delle abitudini sessuali di Dino Boffo. Dopo qualche ora, il capo della polizia è in grado di riferire al ministro che “né presso la questura di Terni (luogo dell’inchiesta) né presso la questura di Treviso (luogo di nascita di Boffo) esiste un documento di quel genere” e peraltro, sostiene Manganelli con i suoi collaboratori, “è inutile aggiungere che la polizia non scheda gli omosessuali: tra di noi abbiamo poliziotti diventati poliziotte e poliziotte diventate poliziotti”. “Da galantuomo”, come dice ora il direttore dell’Avvenire, Maroni può così telefonare a Dino Boffo e assicurargli che mai la polizia di Stato lo ha “attenzionato” né esiste alcun fascicolo nelle questure in cui lo si definisce “noto omosessuale”.

[…]

Nessuna polizia giudiziaria, incaricata di accertare se ci siano state o meno molestie in una piccola città di provincia (deve soltanto scrutinare i tabulati telefonici), si dà da fare per accertare chi sia o meno a conoscenza nella gerarchia della Chiesa delle presunte “debolezze” di un indagato. Che c’azzecca? E infatti è una “bufala” che il documento del Giornale sia un atto giudiziario. E’ una “velina” e dietro la “velina” ci sono i miasmi infetti di un lavoro sporco che vuole offrire al potere strumenti di pressione, di influenza, di coercizione verso l’alto (Ruini, Tettamanzi, Betori) e verso il basso (Boffo). È questo il lavoro sporco peculiare di servizi segreti o burocrazie della sicurezza spregiudicate indirizzate o messe sotto pressione da un’autorità politica spregiudicatissima e violenta. È il cuore di questa storia. Dovrebbe inquietare chiunque. Dovrebbe sollecitare l’allarme dell’opinione pubblica, l’intervento del Parlamento, le indagini del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir), ammesso che questo comitato abbia davvero la volontà, la capacità e soprattutto il coraggio civile, prima che istituzionale, di controllare la correttezza delle mosse dell’intelligence

Non stupisce il fatto che la vittima di questo killeraggio (come l’ha chiamato lui stesso) scriva oggi un editoriale assai meno forte, in cui finge di credere che si tratti di una questione tra lui e Feltri.

Il capolavoro di Boffo, non l’unico, è la frase in cui scrive:

non avevo neppure fatto troppo caso a dove si diceva che sarei stato da tempo «già attenzionato dalla Polizia di Stato per le mie frequentazioni» (ora, a scriverla, mi manca il fiato).

Da non credere…
Il direttore di un importante giornale legge di essere da tempo spiato dalla polizia perché ritenuto responsabile di comportamenti contro natura, e non ci fa caso?

E’ davvero incredibile. Come pare incredibile che non pensi ai servizi e sminuisca parlando di “lettera anonima”.

Ed è incredibile che non faccia nemmeno un cenno alla vicenda concreta, e dedichi invece un sacco di spazio a schermaglie un po’ infantili con Feltri.

Uno dei pochi messaggi chiari – a parte il preannuncio di una querela per lunedì – è un generico invito a “fare attenzione”, in particolare a colleghi giornalisti che “sembrano bene informati” ma potrebbero avere il dente avvelenato con Boffo perché non li aveva assunti all’Avvenire.
E qui – dopo tanti riferimenti che in parte mi sfuggono, destinati evidentemente a “chi sa” (o forse solo fuori luogo) – mi sembra di scorgere una chiara allusione a Mario Adinolfi, giornalista cattolico da tempo impegnato in politica (in passato nella DC, ora nel PD), che sulla vicenda aveva scritto già in passato, e che ora ribadisce calcando la mano, e citando un dettaglio che forse spiegherebbe il busillis: la polizia non scheda certo gli omosessuali in quanto omosessuali, come hanno detto a Maroni, però forse quando si occupa di prostituzione non distingue tra clienti eterosessuali e omosessuali, che sarebbero “attenzionati” in quanto clienti e non per le loro preferenze…

Simili resoconti non li cercherei nei commissariati di Terni o di Treviso, come avrebbe fatto il capo della polizia per riferirne al ministro Maroni, ma semmai a Roma o a Milano (visto che di ambienti milanesi parla Adinolfi).

Ad ogni modo io continuo a non capire bene il senso concreto di questa vicenda inquietante: una delle poche cose chiare è che la linea del Vaticano è quella solita: sopire e minimizzare. A loro piace raccontarla come una questione tra due direttori di giornale qualunque, e non dei quotidiani espressione diretta uno della CEI e l’altro di Berlusconi (che ha appena nominato personalmente il nuovo direttore, il cui stile è ben noto).

Il regolamento di conti avverrà in privato con Berlusconi (con anche qualche conto da regolare all’interno della Chiesa), perché i panni sporchi si lavano in sagrestia (e chissenefrega se gli italiani non capiscono, e poi pagano il conto, politico ed economico, delle nuove concessioni che il governo deciderà di fare alla Chiesa per riacquisirne le grazie).

Di sicuro però condivido l’allarme di “Repubblica”, sperando che i timori siano esagerati, e mi auguro che il comitato parlamentare di cui fa parte anche Emanuele Fiano – che conosco bene, e nei confronti del quale nutro moltissima stima – faccia tutto il possibile per accertare se e in che modo c’è dietro la solita “manina sporca”.

I vescovi e l’Avvenire dell’omosessualità contro natura

Subito dopo aver scritto l’ultimo post, per il quale ho riletto in parte il testo dell’articolo del Giornale che oggi il Cardinale Bagnasco definisce “Attacco disgustoso e molto grave” e la replica che aveva dato ieri Boffo, mi sono trovato a riflettere.

La prima pagina con il titolone di apertura a tutta giustezza

La prima pagina con il titolone di apertura a tutta giustezza

Dino Boffo è un abile giornalista, che ha evidentemente dosato con molta cura le parole. Per cui si tratta di parole che dicono molto.

Scrive Boffo, all’interno di una frase più articolata:

«Feltri, tra l’altro, si è guardato bene dal far chiedere il punto di vista del diretto interessato: la risposta avrebbe probabilmente disturbato l’operazione».

Impeccabile. Suona bene.
Sennonché poi Boffo non risponde affatto nel merito. Minimizza e si dice vittima, senza argomentare affatto:

Al direttore del Giornale ora l’onere di spiegare perché una vicenda di fastidi telefonici consumata nell’inverno del 2001, e della quale ero stato io la prima vittima, sia stata fatta diventare oggi il monstre che lui ha inqualificabilmente messo in campo. Nella tristezza della giornata, la consapevolezza che le gravi offese sferratemi da Vittorio Feltri faranno serena la mia vecchiaia.

Oggi un nuovo editoriale di Feltri sottolinea:

Quel Feltri – grida scandalizzato Boffo – è un killer. Tuttavia non ha smentito una riga di quanto scritto; già, non poteva farlo, perché la notizia che lo riguarda è vera, e purtroppo per lui non è una sciocchezza irrilevante.
Egli ha patteggiato nel tribunale di Terni e pagato una sanzione pecuniaria per una storiaccia di molestie alla moglie di un uomo col quale il signor direttore Savonarola aveva una relazione omosessuale. Intendiamoci. La relazione omosessuale era ed è affare suo, ma il reato per il quale ha patteggiato, ossia le molestie, non è mica tanto privato poiché trattato in un’aula di Giustizia.

Era ed è affar suo, ma il Giornale l’ha sparata a tutta pagina nell’occhiello e poi nel sommario, sapendo benissimo che un cattolico devoto che legge “sessuale” e “omosessuale” pensa subito, inevitabilmente “contro natura”, perché questa è la versione delle gerarchie cattoliche di cui l’Avvenire è espressione diretta.

Poi Feltri indulge anche nello stesso editoriale di oggi in espressioni vergognose, parlando con una strizzatina d’occhio di “questo vizietto” imbarazzante:

La Cei, non senza imbarazzo, ha espresso generica e formale solidarietà a Boffo; non poteva fare diversamente. Forse non era al corrente del vizietto del suo portavoce giornalistico e, quand’anche fosse stata informata, sperava non sarebbero uscite indiscrezioni e ora, colta alla sprovvista, deve riflettere sul da farsi.

Ieri il Giornale si era detto certo che i vescovi sapessero della “debolezza ricorrente”:

Nell’informativa, si legge ancora che della vicenda, o meglio del reato che ha commesso e delle debolezze ricorrenti di cui soffre e ha sofferto il direttore Boffo, «sono indubbiamente a conoscenza il cardinale Camillo Ruini, il cardinale Dionigi Tettamanzi e monsignor Giuseppe Betori».

I primi due non hanno bisogno di presentazione, l’ultimo, per la cronaca, è l’arcivescovo di Firenze.

Perché riprendo questi estratti? Chiunque sa che Feltri non è un paladino dei diritti civili, e tantomeno di quelli degli omosessuali.

Però c’è un però.

Nella sua foga di fare giornalismo a modo suo con il chiaro obiettivo di spandere merda per difendere a spada tratta il suo editore, sembra aver assestato efficacemente un duro colpo all’ipocrisia delle gerarchie vaticane, che evidentemente sono meno ottuse e stupide di quanto dicono di essere, e se possono avvalersi della competenza professionale di un giornalista di cui conoscono l’orientamento sessuale se ne fregano giustamente del fatto che sia omosessuale.

Peccato che non lo dicano pubblicamente, confidando nella “discrezione” di chi sa per tenere in piedi una colossale bugia.

Magari, però, dopo questa vicenda capiranno che chi sa potrebbe prima o poi ricattare, per cui è meglio cambiare atteggiamento.

Sarebbe bello se lo facessero, no?

Apologia del bacio (non farmi male, però!)

Le aggressioni contro gli omosessuali e le altre manifestazioni di intolleranza omofoba di questi giorni mi fanno orrore.

Persino la vicenda squisitamente politica con cui il Giornale di Vittorio Feltri (appena nominato da Berlusconi) ha attaccato violentemente il direttore dell’Avvenire Dino Boffo trasuda omofobia. Nel raccontare ai suoi lettori la presunta storia di molestie telefoniche all’indirizzo della moglie dell’uomo con cui Boffo avrebbe avuto una relazione sentimentale, il giornale cita da un’informativa scritta da chissà quale carabiniere uscito da un sordido romanzo degli anni ’50, anche se si parla di fatti che sarebbero collocati nel 2002-2004, per poter scrivere che il direttore dell’Avvenire sarebbe un «noto omosessuale già attenzionato dalla Polizia di Stato per questo genere di frequentazioni».

In effetti è killeraggio (come dice Boffo nella sua risposta, a dir poco evasiva nel merito).

Certo, per il direttore del quotidiano ufficiale dei vescovi poteva essere un’occasione per dare a Feltri una lezione di civiltà (anche se fosse il caso, fare coming out e rivendicare la propria omosessualità non può, per ovvi motivi). Negli stessi giorni in cui gli omosessuali vengono aggrediti in tutta Italia sarebbe stato molto appropriato per un giornale che vuole stare dalla parte dei deboli e opporsi alle ingiustizie…

Noto omosessuale…

Questo genere di frequentazioni….

Questo scrive in prima pagina, nel 2009, il quotidiano di proprietà del Capo del Governo che ambisce a riprendere il ruolo di leadership nella stampa di centrodestra. Lo scopo non è quello di offendere gli omosessuali (chi ci pensa a loro… non contano proprio), ma di difendere a qualsiasi costo il capo oramai screditato dalle frequentazioni con prostitute e minorenni.
E lo scopo della replica non è certo quello di sollevare un polverone per difendere il diritto degli omosessuali ad avere una normale vita affettiva e di relazione (che è “normale” finisca a schifìo quando ci sono di mezzo le corna e una moglie o un marito traditi).

Sempre più assistiamo in Italia ai nefasti effetti della politica “di pancia” del governo, che sempre più coltiva l’ignoranza e sempre più tollera la violenza (verbale ma anche fisica), contro tutti i “diversi”, persino i vescovi quando non si allineano. (L’ipocrisia del Vaticano sul tema dell’omosessualità è invece abbastanza immutata da tempo)

Mi piacerebbe vedere sulla tv italiana spot come questo del progetto tedesco contro la violenza Maneo (il sito è solo in tedesco, ahimè).

Già che ci sono, segnalo la proposta di indire a Roma, il prossimo 10 ottobre, una Manifestazione Nazionale contro l’omofobia.