Medicina, Internet e giornalismo scientifico, sul Sole 24 Ore Sanità

Ripubblico un articolo che mi è stato chiesto dal Sole 24 Ore Sanità per uno speciale sulla storia del rapporto tra Internet e medicina:

LETTERATURA E INFORMAZIONE MEDICO-SCIENTIFICA: ATTENTI ALLA SUPERFICIALITÀ
Ingannevole (può essere) il paper più d’ogni cosa

«In futuro, quando Internet sarà ampiamente usata dai medici, le informazioni sui progressi con un potenziale effetto immediato sulla salute degli individui o delle popolazioni potrebbero essere comunicate al meglio attraverso questo mezzo. Ma la medicina non è la fisica: è improbabile che l’ampia circolazione di manoscritti in fisica abbia un effetto immediato sul benessere del pubblico, anche quando il materiale
è distorto o falso. In medicina, una pratica di questo tipo potrebbe avere conseguenze indesiderate di cui tutti ci pentiremmo»: fa un certo effetto rileggere a distanza di quasi 20 anni la chiusa dell’editoriale pubblicato nel 1995 dai direttori del New England Journal of Medicine Jerome Kassirer e Marcia Angell.Schermata 2014-05-27 alle 22.08.16

Schermata 2014-05-27 alle 22.08.04L’Open Access era ovviamente di là da venire, e lo scenario sembrava chiaro: «Gli articoli delle riviste mediche sono comunicazioni tecniche intese per i medici non per il consumo da parte del pubblico», scrivevano i due. E più avanti: «La parola “pubblicazione” ha assunto un nuovo significato. Oggi chiunque disponga di un computer, un modem e un collegamento a Internet può essere editore. Le conseguenze di questa trasformazione dovrebbero spingere tutti noi della comunità medica a fermarci a riflettere». Nessuno però si fermò, e fu il New England ad adeguarsi alla nuova realtà in continua accelerazione, lanciando nel 1996 il proprio sito web.
Negli anni seguenti il numero delle riviste scientifiche e degli articoli pubblicati ogni anno è cresciuto con un ritmo inesorabile: oggi si stima che le riviste scientifiche – cartacee o solo elettroniche, con o senza peer-review – pubblichino annualmente oltre un milione e mezzo di articoli, con un ritmo che cresce ogni anno del 3% circa (Plos One, della Public Library of Science, ne sforna da solo oltre 30.000 all’anno) rendendo impensabile per chiunque conservare una visione d’insieme. E sollevando più di qualche dubbio sulla qualità e rilevanza – quando non sull’onestà, visto l’aumento drammatico delle retraction e delle denunce di frodi – di una così abbondante produzione. Una produzione spesso messa in rete in formati preliminari, tante volte insufficienti a giustificarne la diffusione alla stampa laica.
Proprio il New England Journal of Medicine aveva pubblicato, nel 1991, un elegante studio caso-controllo (reso possibile da circostanze fortuite) che per primo dimostrò il ruolo dei mass media nella percezione – anche da parte di clinici e ricercatori – dell’importanza di qualsiasi studio clinico, tanto significativo da incrementarne le citazioni e quindi l’impact factor per molti anni. Lo studio si riferiva ovviamente all’era pre-Internet, ma ha contribuito a promuovere il bombardamento crescente di comunicati-stampa all’indirizzo di un sistema dei media anch’esso sempre più messo a dura prova dall’avvento della rete.
Se uno studio di Plos One del 2008 concludeva con un notevole understatement che «Sono desiderabili metodi per migliorare la pubblicazione e l’interpretazione dei comunicati-stampa delle aziende farmaceutiche, per prevenire una copertura mediatica ingannevole», un analogo studio del 2009 degli Annals of Internal Medicine bacchettava anche le istituzioni accademiche per i comunicati-stampa su «ricerche di rilevanza incerta per la salute umana». Nello stesso anno un editoriale di Lancet sul ruolo dei media – dopo aver citato l’interessante esperienza del Science Media Centre inglese (che è da tempo allo studio anche in altri Paesi, tra cui l’Italia) – concludeva scrivendo che «Il ruolo futuro del giornalismo di salute dipenderà dagli scienziati e dai professionisti sanitari che sapranno lavorare insieme e impegnarsi con i media per assicurare l’interpretazione responsabile della ricerca». Anche grazie a Internet, in anni recenti numerose associazioni professionali di giornalisti specializzati hanno iniziato a promuovere – per così dire “dal basso” – progetti per un controllo di qualità basato principalmente sul confronto e sulla peer-review, come quello ideato dal giornalista americano Gary Schwitzer, che sull’ultimo numero di Jama Internal Medicine ha descritto il lavoro sistematico di revisione di 1.889 tra articoli e servizi radiotelevisivi apparsi nei principali media americani tra il 2006 e il 2013. In oltre la metà dei casi erano basati unicamente su un comunicato-stampa, e spesso esageravano i benefìci ignorando il contesto e le alternative e tacendo su rischi e costi. Schwitzer ha dimostrato che la condivisione delle recensioni con gli autori degli articoli e con le gerarchie redazionali porta a un successivo miglioramento della qualità, con una maggiore attenzione a evitare le fanfare e il sensazionalismo, soprattutto quando nascondono interessi commerciali.

Fabio Turone
presidente del chapter italiano della Association of Health Care Journalists (AHCJ)

Sarko, pensaci prima che sia troppo tardi…

«Signor candidato,

dobbiamo metterla in una simile posizione per far progredire la sua posizione in tema di eutanasia?»

 

Ecco l’immagine usata per  una campagna in favore dell’eutanasia diffusa dalla rivista Les Inrocks e e attraverso internet.

Un analogo fotomontaggio mostra anche gli altri due candidati alle elezioni presidenziali francesi, il centrista Francois Bayrou e la leader fascista del Front National Marine Le Pen, nei panni di un malato terminale: tutti contrari a modificare la legge del 2005 sulla fine della vita in Francia, che instaura il diritto «a lasciar morire», ma vieta l’eutanasia.

Ecco la mia classifica dei paesi in cui si vive meglio

L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) ha realizzato un interessante esperimento online associato a un sofisticato strumento interattivo che permette a ciascuno di attribuire un’importanza maggiore o minore ai parametri che normalmente vengono monitorati dalle scienze sociali, così da ottenere il proprio indice sintetico della qualità della vita e di riflesso la classifica dei paesi aderenti all’OCSE.

Io prima ancora di leggere i materiali informativi ho voluto assegnare le mie priorità a ciascuno degli 11 parametri (nella tabellina) senza pensarci su troppo, prendendolo come un gioco, ma alla fine il sistema mi ha chiesto di indicare sesso, fascia di età e paese, perché evidentemente chi ha messo in piedi questo sito sa che qualsiasi indicatore sintetico è più affidabile se gli scienziati riescono a tenere conto anche del punto di vista dei non esperti.

Ecco il PD che mi piace, per i diritti di tutti

Ecco perché continuo a lavorare perché siano Giorgio Merlo
e quelli come lui a sentirsi sempre più fuori luogo nel mio partito.

METTIAMO IN PIAZZA I DIRITTI

IGNAZIO MARINO E IVAN SCALFAROTTO

Ettore Martinelli e Diana De Marchi

Sabato 7 maggio, dalle 16.00 alle 19.00

Una camminata attraverso i diritti: dal diritto alla qualità urbana al testamento biologico; dalla legalità all’ambiente; dal lavoro alle unioni civili… e molti altri ancora!

PARLIAMONE INSIEME NEI GAZEBO DEL PD
in P.za Segesta, P.za Piemonte, P.za Selinunte, P.le Pagano, P.za Buonarroti, P.za Sicilia, Via Paravia.

Sempre sabato, presso il Circolo Acli di via Conte Rosso 5 (vedi la mappa),

è previsto un pranzo elettorale a favore della candidatura di Giuliano Pisapia a Sindaco

con il senatore Ignazio Marino

Paul Root Wolpe: It’s time to question bio-engineering

It’s really worth reflecting on this.