L’Amministrazione Bush li aveva liquidati affermando che non valeva nemmeno la pena di perdere tempo con loro, ma adesso che l’ex addetto stampa di George W Bush, Scott McClellan, ha scritto un libro di memorie in cui conferma che sulla guerra in Iraq è stata pianificata e perseguita una strategia basata su un gran numero di menzogne ripetute sistematicamente, si prendono la loro rivincita.
Loro sono i creatori e animatori del Center for Public Integrity, giornalisti investigativi impegnati a raccontare anche le verità scomode su cui alle volte persino i media americani mainstream chiudono più o meno consapevolmente un occhio o tutti e due.
Ben prima che McClellan decidesse di togliere il velo dalla vergognosa “politica” di cui è stato a lungo complice avevano già additato in un loro progetto speciale intitolato “The war card – orchestrated deception on the path to war” ben 935 bugie pronunciate pubblicamente da George W Bush e dai suoi più stretti collaboratori nei due anni successivi all’11 settembre 2001 (il database è consultabile pubblicamente).
E’ la mia risposta a chi stupidamente bolla di “antiamericanismo” chi contesta Bush e le sue bugie: è senza dubbio America anche questa, e io la preferisco indubbiamente a quella demagogica che fa leva sulle bugie e sulle paure della gente.
Quella che slealmente usa armi di distrazione di massa che permettono di occultare il business già pianificato.
POST SCRIPTUM: Proprio oggi ben 111 paesi hanno firmato a Dublino un trattato per la messa al bando delle cluster-bombs, le bombe a grappolo che seminano la morte tra la popolazione civile anche per molti anni dopo la fine dei conflitti. L’America che piace a me si è battuta invano perché quel trattato fosse firmato anche dall’America che comanda, ma purtroppo nel lungo elenco di firmatari brillano per la loro assenza proprio gli Stati Uniti, insieme a Russia, Cina Israele, India e Pakistan, che figurano tra i principali produttori al mondo. A chi non sapesse che cosa sono le cluster bombs raccomando la lettura del libro di Gino Strada “Pappagalli verdi”.
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